DOVIER & PARTNERS, GIOVEDI’ 16 APRILE 2020

L’emergenza sanitaria che ha visto coinvolto il nostro paese negli ultimi mesi, ha portato ad un profluvio di norme e disposizioni che hanno toccato anche il mondo della Giustizia e che hanno previsto la sospensione dei termini processuali a procedimentali. 

Nel mare magnum della produzione legislativa d’urgenza, questo intervento, senza la presunzione di completezza, vuole fornire, partendo dall’imprescindibile dato normativo, alcune risposte a casi concreti. 

In primo luogo, si ritiene opportuno evidenziare che la sospensione indicata nelle disposizioni susseguitesi negli ultimi mesi, proprio perché legata ad una normativa emergenziale, dovrebbe avere carattere il più possibile generale. 

Quindi, in sede interpretativa delle varie regole, il sopra detto carattere generale, dovrebbe essere il criterio principe per superare gli eventuali dubbi o le possibili incertezze. 

Come ben noto, l’ultimo provvedimento avente forza di legge, emanato dal Governo con riguardo alla tematica della sospensione straordinaria dei termini, è il Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23, che nella sua rubrica “werthmulleriana” prevede, tra gli altri interventi anche “misure urgenti in materia di proroga di termini amministrativi e processuali”. 

Per riassumere i tratti essenziali del citato provvedimento, deve essere analizzato l’art. 36, il quale prevede: 

– al comma 1: una ulteriore (la seconda) proroga dal 15 aprile al 11 maggio della sospensione straordinaria del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto nei procedimenti civili e penali; il rinvio d’ufficio, sempre fino all’11 maggio, delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari; l’applicazione della sospensione anche per i procedimenti di mediazione (D. Lgs. n. 28/2010), di negoziazione assistita e di tutte gli altri istituti di A.D.R. (Alternative Dispute Resolution), quando l’attivazione di questi procedimenti di risoluzione stragiudiziale è condizione di procedibilità dell’eventuale domanda giudiziale e, infine, l’applicazione della sospensione dei termini e il rinvio d’ufficio anche per quanto attiene le controversie tributarie; 

– al comma 2: in ambito penale, è prevista un’ipotesi di esclusione della proroga in relazione ai procedimenti in cui i termini di cui all’art. 304 c.p.p. (termini di durata massima della custodia cautelare) cadano nei 6 mesi successivi all’11 maggio 2020; 

– al comma 3: per il processo amministrativo, poi, sono ulteriormente sospesi dal 16 aprile al 3 maggio inclusi, esclusivamente i termini per la notificazione dei ricorsi, fatto salvo quanto disposto dall’art. 54, comma 3, C.p.a. (deposito tardivo di memorie e documenti). 

Sostanzialmente, dunque, la sospensione dei termini processuali è stata prorogata fino all’11 maggio con conseguente blocco delle attività giudiziaria, salvo eccezioni, fino alla medesima data. 

Questa sospensione, che riguarda sia l’attività di parte sia l’emissione di provvedimenti da parte dell’Autorità Giudiziaria, presenta delle problematiche interpretative in alcuni specifici casi. 

Passiamo all’analisi dei sopra detti casi con le possibili soluzioni frutto dell’interpretazione della normativa emergenziale. 

CASO 1: la decorrenza del termine libero di 90 giorni per la costituzione del convenuto in Tribunale è sospeso o differito? 

Il termine per la costituzione del convenuto nel giudizio civile, previsto dall’art. 163-bis c.p.c.richiede che tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell’udienza di comparizione debbano intercorrere termini liberi non minori di 90 giorni (150 se la notificazione viene fatta all’estero). 

Sicuramente, tale termine dovrà essere conteggiato tenendo presente la sospensione disposta dalla legislazione emergenziale e quindi il termine sarà, ex lege, differito; così se la notificazione sia avvenuta prima dell’inizio del periodo di sospensione, il termine dei 90 giorni sarà conteggiato fino all’inizio delle sospensione e andrà aggiunto il residuo termine da conteggiarsi dalla scadenza della sospensione detta; qualora, poi, la notificazione sia avvenuta nel periodo di sospensione, va da sé che il termine andrà conteggiato a partire dalla cessazione della sospensione disposta per legge. 

Di conseguenza, anche l’udienza di comparizione fissata dall’attore nell’atto di citazione introduttivo, ritualmente notificato e iscritto a ruolo, andrà spostata, d’ufficio, nel rispetto del detto termine dei 90 giorni. 

Infatti, come più volte indicato in precedenza, sono sospesi sia i termini processuali sia la celebrazione delle udienze, le quali ultime, essendosi già incardinato il giudizio con l’iscrizione a ruolo della causa, dovranno essere spostate d’ufficio, come accade nella prassi. 

CASO 2: il termine a disposizione del convenuto, di 20 giorni prima della prima udienza innanzi al Tribunale, per proporre domande riconvenzionali e per chiamare in causa il terzo è sospeso o differito? 

Anche questo termine si dovrà intendere sospeso. 

Trattandosi di termine “a ritroso” la normativa prevede che, quando il termine è computato a ritroso e ricadein tutto o in parte, nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto. 

Così, qualora il termine a ritroso ricada nel periodo di sospensione, anche se l’udienza di comparizione ricada al di fuori del termine di sospensione, andrà comunque differita, sempre d’ufficio (stante quanto osservato nel punto precedente) facendo sì che il termine dei 20 giorni, a ritroso, non ricada nel periodo di sospensione. 

Ovviamente, il calcolo andrà effettuato anche tenendo presente quanto indicato con riferimento al caso di cui al precedente punto 1. 

CASO 3: l’attore (o l’appellante) deve provvedere a nuova notifica nel caso in cui l’udienza venga fissata, con rinvio, dopo il periodo di sospensione ma le attività per il chiamato (sia il termine libero di 90 giorni che quello di 20 giorni per la costituzione con attività) risultino essere state interrotte (dal 9 marzo 2020 al giorno 11 maggio 2020, in virtù del d.l. n. 23/2020, pubblicato in data 8.4.2020 che ha esteso il termine di sospensione), qualora il chiamato non si sia costituito spontaneamente? 

In altre parole, in questa ipotesi si versa nel caso in cui, in sede di primo grado o di appello, sia il termine per il chiamato a comparire, di 90 giorni, che il termine, a ritroso, di 20 giorni dall’udienza di comparizione per proporre domande riconvenzionali o chiamata di terzo (in primo grado) o appello incidentale (in sede di appello), ricadano nel periodo di sospensione emergenziale. In questo caso, ove il chiamato non si sia costituito, pur essendo ancora in termini, ci si chiede, se il provvedimento di differimento della prima udienza, visto nei punti che precedono, si debba notificare al convenuto o all’appellato (è bene precisare, anche se pare ovvio, che, nel caso esposto, non si versa in un’ipotesi di contumacia, situazione del tutto differente da quello che qui ci occupa). 

In questo caso si ritiene che il provvedimento giudiziale di differimento della prima udienza (in Tribunale o in Appello) andrà notificato al chiamato (convenuto o appellato che sia). 

Infatti, prima della costituzione del convenuto (o dell’appellato) questi non è “presente” nel processo e, pertanto, non si potrà presumere la conoscenza del provvedimento giudiziale di differimento di udienza in capo a quest’ultimo. Nemmeno potrà esservi una qualche forma di comunicazione da parte della cancelleria che presuppone, appunto, la costituzione del chiamato e la sua “presenza” all’interno del processo. 

Si ritiene, inoltre, che, in questo caso, lo stesso provvedimento del giudice, nel caso in cui il convenuto (o l’appellato) non si sia ancora costituito (essendo in termini) dovrà determinare anche un termine per la notifica dello stesso al convenuto (o all’appellato). Qualora ciò non disponga, sarà cura dell’attore (o dell’appellante) effettuare la notificazione nel rispetto dei termini processuali in questione, come differiti. 

A questa soluzione si perviene anche, a contrario, sulla base dell’art. 168-bis, commi 4 e 5 c.p.c. 

A tal proposito, infatti, il disposto dell’art. 168-bis, comma 5 c.p.c., prevede il differimento della prima udienza, dettato da esigenze (che la norma non specifica) dell’ufficio del giudicante, ma lo stesso comma dispone la comunicazione di cancelleria solo per le parti costituite e non per il chiamato non ancora costituito, seppure in termini. 

Il comma 4 dell’art. 168-bis c.p.c., poi, per il rinvio della prima udienza, non prevede alcuna notificazione o comunicazione alle parti, in generale, e ancor di meno al chiamato non ancora costituito ma in termini, ma si riferisce a ipotesi diversa e non applicabile al caso di specie, essendo dettato per esigenze materiali, ove il giudice non tenga udienza nel giorno indicato in atto di citazione (o appello). 

Chiariti i casi riferibili alle controversie civili, appare opportuno, a questo punto della trattazione spostare il fuoco sulle controversie in materia tributaria. 

In tale ambito, la sospensione opera non solo per quanto attiene ai termini processuali, e per la notifica dei ricorsi (art. 17 D.Lgs. n. 546/92) e dei reclami (art. 17-bis D.Lgs. n. 546/92), ma anche per quelli di natura procedimentale relativi in particolare alla fase di accertamento con adesione. 

A questa soluzione si è giunti anche attraverso l’attività interpretativa dell’Agenzia delle Entrate che, con la Circolare 6/2020, ha chiarito il dubbio interpretativo circa l’applicabilità della sospensione straordinaria anche alla fase procedimentale. 

Un esempio pratico renderà, ci si auspica, più chiari i concetti espressi in precedenza. 

Un contribuente riceve la notifica di un avviso di accertamento il 5 novembre 2019 e decide di presentare, il 2 dicembre 2019, istanza di accertamento con adesione. Il termine per la sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione, applicando la sospensione straordinaria, scade il 6 giugno 2020, considerato che: 

  • alla data del 2 dicembre 2019 sono trascorsi solo 27 giorni dei 60 previsti per la proposizione del ricorso; 
  • dal 2 dicembre 2019 iniziano a decorrere i 90 giorni di sospensione previsti dall’articolo 6, comma 3, del d.lgs. n. 218 del 1997, cui vanno sommati i residui 33 (60 – 27) giorni risultanti dal precedente punto 1; 
  • essendo intervenuta, dal 9 marzo all’11 maggio, la sospensione dei termini prevista dal combinato disposto delle norme di cui al D.L. n. 18/2020 e al D.L. 23/2020, alla data del 9 marzo risultano decorsi soltanto 98 giorni dei 123 utiline residuano, quindi, 25 per proporre ricorso, che iniziano a decorrere dal 12 maggio, per cui il termine finale per la sottoscrizione dell’accertamento con adesione scade il 6 giugno 2020. 

Da ultimo si vuole sottolineare come vi sia un altro importante ambito che è stato colpito dall’emergenza sanitaria: quello delle notifiche a mezzo posta, che in molti casi è intimamente connesso con la notifica di atti impositivi da parte dell’Agenzia delle Entrate. 

Invero, è stato portato da 10 giorni a 30 giorni il termine per la declaratoria della compiuta giacenza delle raccomandate in generale e, conseguentemente, anche degli atti giudiziari notificati a mezzo posta. 

Per chiarire, invero, la compiuta giacenza delle raccomandate postali è stata bloccata fino al 30 aprile e sono stati sospesi, in ogni caso, i termini di prescrizione e decadenza connessi agli atti notificati nel periodo di emergenza sanitaria. 

A prevedere queste importanti novità è una norma contenuta nel maxiemendamento al D.L. cd. cura Italia in occasione della conversione in legge. 

Il decreto nella versione originaria aveva già previsto (articolo 108) una speciale procedura per questo periodo di emergenza sanitaria, volto ad assicurare l’adozione delle misure di prevenzione. 

In particolare, fino al 30 giugno 2020 per gli invii raccomandati, assicurati, i pacchi, nonché per le notifiche a mezzo posta, gli operatori postali procedono alla consegna mediante preventivo accertamento della presenza del destinatario o di persona abilitata al ritiro, senza raccoglierne la firma e con successiva immissione dell’invio nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda. La firma è, poi, apposta direttamente dall’operatore postale sui documenti di consegna in cui è attestata anche la suddetta modalità di recapito. 

Con tale previsione, quindi, da un lato gli operatori postali erano tenuti al preventivo riscontro che presso l’indirizzo ci fosse qualcuno per il ritiro dell’invio, dall’altro, con la firma apposta direttamente dall’agente postale, si evitava qualunque contatto ravvicinato. 

In molti casi, in questi giorni di quarantena, gli operatori postali hanno inserito nella cassetta l’avviso di giacenza del plico/pacco da ritirare. 

Per gli atti giudiziari, in caso di assenza momentanea del destinatario, vi è l’obbligo di invio di una raccomandata informativa con l’indicazione dell’ufficio postale presso cui è possibile effettuare il ritiro.  

In tali situazioni, quindi, il destinatario trova nella propria cassetta postale l’avviso del plico da ritirare e la raccomandata che informa del tentativo di notifica del plico.  

La stessa disposizione (art. 8 L. 890/82) ritiene eseguita la notificazione decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della citata raccomandata informativa ovvero dalla data del ritiro se anteriore.  

Tuttavia, in questo periodo emergenziale, stante il divieto pressoché generalizzato di uscire dalle proprie abitazioni, il limite di dieci giorni rischiava di compromettere la tutela del destinatario della missiva soprattutto ove il recapito fosse avvenuto non presso la dimora dell’interessato (studio, ufficio, domiciliazione eccetera). Basti pensare che un atto giudiziario (accertamento, cartella di pagamento, o altro), inviato prima del blocco delle attività degli uffici, potrebbe aver già compiuta la giacenza decorsi i dieci giorni.  

Per superare queste delicate problematiche, nel maxi emendamento al D.L. cd. “cura Italia viene previsto che per i servizi di notificazione a mezzo posta, nell’ipotesi in cui non sia possibile la consegna, sarà comunque necessario inviare la raccomandata informativa, ma la compiuta giacenza presso gli uffici postali inizierà a decorrere dal 30 aprile 2020. 

Alla luce di quanto esposto nel presente articolo, appare, dunque, evidente che la situazione di emergenza in cui siamo stati catapultati ha reso difficili anche le cose che in passato ci apparivano più ovvie e banali. 

È, quindi, auspicabile che il legislatore, attraverso i propri interventi, tracci delle linee di condotta di immediata percezione che ci aiutino a trovare le soluzioni più corrette ed efficaci. 

(Articolo scritto dall’avvocato Francesco Falconieri)

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